Veggio un Irpino popolo insultato
Da Saraceni ognor vinto e conquiso,
E da peste implacabil decimato.
Veggio un antico popolo deriso
Da infami prenci, appiè degli empi troni
Schiavo prostrarsi timido ed inviso.
Veggio calcarsi i dritti e le ragioni,
Aggirarsi dovunque la paura,
Frodi, discordie, insidie e ambizioni.
Mentre guardo così la patria mia
D’iniqui vizi e del dolor ostello
E piango la sua sorte orrenda e ria,
Perché il vizio e l’error spento rimanga
La Metropoli invia nuovi Pastori
A Nusco, Sarno, cava ed a Campagna.
Cinte le tempia allor di nuovi allori
Qual suo nuovo Mosè mia patria acclama
Un rampollo di nobili maggiori.
E’ il figlio di Landon, cui viva brama
Punge d’un puro e santo amore il petto
Di patriottismo e civiltà la fama.
Egli per padre e per Pastore eletto
E’ il genio amico, è l’Angelo che corre
Dal palagio al tugurio più negletto.
Dove più desolato il pianto scorre,
Dove discordia ferve ed il periglio,
Dove si langue, ove si geme accorre.
Veglia sull’egro con paterno ciglio,
Terge la fronte al misero morente
Egli porge un conforto ed un consiglio.
Il pargolo raccoglie, ed al languente
Il pane appresta con sua man pietosa,
Covre di vesti la meschina gente.
Compone a pace ogni anima ritrosa,
Agli usurieri a’ scribi agli epuloni
Fa rimbombar la voce sua sdegnosa.
E fin dalle vicine regioni
Per villaggi la gente ognor dispersa
Richiama Amato con i suoi sermoni.
E gente per costumi a noi diversa
Di Nusco sovra l’erta collinetta
Come fiume d’un tratto si riversa.
E tanto amor per Nusco in quei si alletta,
Chè lasciato ciascuno il suo soggiorno
Quivi una casa a costruir s’affretta.
Di nuove case e di palagi adorno
Nusco per l’aer puro e la postura,
Cui l’Ofanto e il Calor scorrovi intorno,
Appare di più splendida figura
Allor che Amato contro un tempo ostile
Cattedre innalza a civiltà e coltura.
Dal golfo di Salerno un venticello
All’irpine pianure e alla montagna
Reca l’annunzio sospirato e bello:
Tra i Nuscani non v’ha petto gentile,
Cui grata ognor non torni la memoria
D’un Pastor s’ benefico all’ovile.
Ogni pietra ogni gleba è una sua storia,
I suoi doni, i retaggi e il testamento,
Le sue reliquie son pur nostra gloria,
Ed il suo teschio è vivo monumento.
Carlo
Astrominica
Dal numero unico “ VIII Centenario della Morte di S. Amato “ Settembre 1893