L'uccisione del maiale

                                L'uccisione del maiale (puorcu) costituiva, e per qualche famiglia costituisce ancora, un'occasione di festa per la famiglia interessata, per i parenti e per il vicinato, che durava tutto il giorno. Si rinsaldavano così i vincoli di amicizia e di parentela. in genere l'uccisione del maiale avveniva nel periodo tra dicembre e gennaio. Anche le famiglie meno abbienti, non rinunciavano a fare di questo evento un motivo di incontro e di festa, nonostante per loro costituisse spese e lavoro. Ogni famiglia si organizzava per uccidere l'animale con antiche tecniche e usanze. A tale scopo erano impiegati solo gli uomini, alle donne invece veniva affidato il compito di pulire le interiora del maiale e di preparare il pranzo della festa che si concludeva generalmente con una serata danzante e gioco delle carte fino a tarda sera.

 

                                        Il pranzo iniziava nel primo pomeriggio, dopo aver concluso tutto il lavoro, ma si usava fare una colazione abbondante e caratteristica, nella prima mattinata, appena ammazzato l'animale, in attesa del dissanguamento totale. La colazione consisteva in patate e peperoni, sangue cotto, animelle alla brace.

                                        Il pranzo era molto ricco e, ovviamente, a base di maiale. Esso consisteva in: vari antipasti di formaggi e prosciutto, accompagnato con pane fatto nel forno di casa, un primo di pasta, sempre preparata in casa (cavatielli), vari secondi: pollo e patate, coniglio, peperoni ripieni, dolci (generalmente struffoli). 

                                        La dimensione comunitaria della festa era testimoniata dal fatto che l'uccisione dei maiale non avveniva in coincidenza tra le varie famiglie, ma secondo un calendario ben preciso che, a rotazione, portava le stesse famiglie a riunirsi per molti giorni di seguito, ora in una casa ora in un'altra, per procedere e all'uccisione e alla festa. Non solo, l'avvenimento non si esauriva nella stessa giornata, ma continuava nei giorni successivi per la lavorazione delle carni. 

                                                                       Tratto da " Nusco, profumi e sapori d'antico"

Fototeca Michele Pastore

"...tempi e tecniche sono rimasti invariati. Al capofamiglia, alla presenza di amici e parenti, tocca, sempre che ne sia provetto, il coltello per "scannare".

....un tempo l'uso permetteva il continuo approvvigionamento di carne fresca, assicurato dopo che il maiale veniva "sfasciato". ma bisognava comunque evitare, nel modo più rigoroso, che ciò capitasse, come "l'uccisione", durante la festività di S. Sebastiano e, a seguire, lo stesso giorno con cadenza settimanale.

Tale prescrizione veniva chiamata "mancanza. neppure le donne potevano manipolare la carne nei giorni critici". Era ed è convincimento che contravvenire a questa abitudine significa la scontata "perdita dei salami". fino a poco tempo fa una delle forme di solidarietà minima era lo scambio di un piatto contenente un pezzo di polpa e fegato avvolto nella "zeppa".

                                                                        Tratto da "NUSCO-La piccola città"