Li bagni a li valluni
Si
era nella piena calura di agosto. Verso l'una e mezza - due del pomeriggio
partivamo per i "Valloni". Credo
che tutti i ragazzi abbiano partecipato, chi più chi meno, al rito dei
"bagni" nella piccola valle stretta e selvaggia, in contrada "Pendile (Punnilu) ", un
solco d'acqua di pochi metri cubi, tra le pareti quasi a picco di due colline.
Alberelli di querce e di salici, siepi cariche di more, rovi, sentieri angusti,
era questo l'ambiente in cui eravamo costretti a muoverci, per provare la
sensazione di un "bagno" vero. Per noi bastava quello.
I più bravi si tuffavano dai grossi massi che attorniavano la "vasca", gli altri scendevano in acqua dal lato più accessibile. La valle rimbombava dei tuffi e delle grida di gioia o di ammirazione. Nessuno si lamentava della temperatura quasi glaciale dell'acqua, eccetto i più "delicati". Finiva quasi sempre con delle schermaglie abbastanza violente, a pagarne le spese erano i più sprovveduti.
Il
"gioco" più crudele consisteva nel tenere qualcuno con la testa
sott'acqua per un bel po', o nel nascondere i vestiti dietro una siepe,
costringendo il malcapitato a fare tardi e rientrare per ultimo. Giochi di
gioventù, simili a mille altri stratagemmi, in mille altri luoghi del mondo.
Il
ritorno a casa, con la stanchezza che si faceva sentire, era un momento di
riflessione e di ragionevolezza. Ci si raccoglieva in quattro o cinque
gruppetti, sempre ben amalgamati, e venivano fuori suggerimenti, proposte per
il futuro, decisioni per l'indomani. Non era raro sentire qualcuno che aveva già
grandi progetti, altri che si auguravano di poter, di lì a poco, fare un bagno
vero in un mare vero, altri ancora giurare che quella sarebbe stata l'ultima
visita ai "valloni". Promesse, parole, patti, speranze. Molti di quei
discorsi sono andati via via sbiadendo.
Angelo Pepe
Tratto da "IL NUOVO SUD" Periodico di Cultura e Informazione
A. XXII n. 2 Aprile-Giugno 2002