Lu cavuzonu

 

"Lu corsu " brulicava di persone quella sera. 

Era la vigilia di Carnevale.

Massaie frettolose, come api laboriose intorno all'alveare, avevano preso d'assalto la "chianca ri Fummagallu"

A Carnevale non poteva mancare in tavola l'agnello al forno con le patate.

Un pezzetto solo bastava per tener viva la tradizione e rendere più allegro il Carnevale.

Le massaie s'incrociavano davanti all'uscio della "chianca", un saluto frettoloso col capo e via verso casa, avvolte negli scialli scuri con il prezioso fagotto sotto il braccio. Dietro i vetri della sua bottega, appoggiato allo stipite della porta, Vincenzo le vedeva passare e mille pensieri affollavano la sua mente. Lui, sempre allegro e pronto a fare scherzi, quella sera, vedendo quelle donnine affrettarsi verso casa per preparare " lu ruotu ri patanu e carnu", era triste.

Era triste Vincenzo, perché l'indomani sulla sua tavola " lu ruotu ri patanu e carnu" non ci sarebbe stato e, forse, non solo quello.

Lui, uomo dalle tante idee, vulcanico, dinamico, che era uscito da situazioni ben più difficili di quella, non sapeva cosa fare.

Era un sarto provetto Vincenzo, ma sempre senza soldi in tasca, un po' per le ristrettezze economiche in cui versavano tutti, ma ancorpiù perché gli piacevano i divertimenti, il gioco e le belle donne.II fatto di non aver soldi in tasca non lo aveva mai crucciato più di tanto, ma quella sera sì. Questo tarlo gli rodeva dentro e non gli dava pace. Mentre questi pensieri attraversavano la sua mente, lo sguardo si posò sul pantalone di carabiniere posto sulla mensola accanto alla porta. Associare la divisa a "Michelu Fummagallu", il macellaio, fu un lampo. - Vicì- aveva detto costui tempo addietro, -si t'avessa capità nu cavuzonu ri carbinieru, tienimi presentu. Ra chi lu tengu nganna

Vincenzo non ci pensò su due volte. Prese il "pantalone" e letteralmente volò verso la "chianca". Il baratto fu presto concluso con un bel pezzo di carne d'agnello.

Passò Carnevale e passarono anche altri giorni tanto che Vincenzo si dimenticò del tutto del "pantalone". A ricordarglielo, purtroppo, fu il proprietario, l'appuntato De Gaetano, che, ignaro di tutto, veniva a reclamarlo. Alla richiesta del De Gaetano, Vincenzo voleva sprofondare sottoterra, non sapendo cosa dire e nemmeno cosa fare. Poi, come folgorato, si guardò intorno, frugò in mezzo ad altri pantaloni e, tirandosi uno schiaffo sulla fronte: -Mannaggia - disse - ru ssapeva c'accussì iev'a firnì

 

-      E' partutu cu l'Argentina!­

-      Nun pazzià Vicì! Ramm'o cazone c'aggia montà e piantone a caserma.­

-      Nu stongu pazziannu, - rispose Vincenzo, cercando di essere più convincente possibile, - aieri è bunutu unu ri la Chianula c'aveva parti cu l'Argentina.  I’ aggi mistu li panni sua a postu e miezzu è firnitu lu cavuzonu tua.­

 

Non potete di certo immaginare cosa fece l'appuntato De Gaetano! Il primo impulso fu di correre in caserma, prendere la camionetta e volare verso Napoli. Poi di attaccarsi al telefono e chiamare la capitaneria di porto per fermare la nave. Cosa fece Vincenzo per rabbonirlo è un'altra cosa difficile da immaginare. Ma alla fine ci riuscì e l'appuntato De Gaetano ritornò in caserma. Se nell'uscire dalla bottega di Vincenzo avesse guardato verso la "chianca", avrebbe visto i suoi pantaloni indosso al macellaio.

 

Ma questo lo sappiamo solo io, voi e Vincenzo il sarto.

 

 

                                                                                                                           Giuseppe Della Vecchia