Pane
nero, scoperta dei nostri avi
Nusco
e i suoi vicoli. Spazi ristretti, ciottoli sconnessi, acuti e sottili
sibili di vento. Era lì che dissipavo il mio tempo, mentre l'adolescenza si
esauriva in fretta. La facevo da padrone. Sapevo di tanti anfratti
dove imboscarmi, in caso di bisogno.
Conoscevo
tutti, i buoni e i cattivi, i giovani e i vecchi. Ognuno, al piano terra, aveva
un localino adibito alla conservazione delle provviste: grano, vino, fagioli,
olio, patate, mele, castagne... Dai soffitti pendevano le salsicce di maiale,
messe lì a seccare.
Testardo
e paziente, indugiavo per ore davanti ad una porticina di vicolo Forno Vecchio.
Finalmente eccola, Lucia. "Oggi questo ragazzino merita un compenso, è
fedele come un cagnolino". Tirava fuori da una cassapanca un pugno di
noci o di dolci, oppure strappava dal soffitto un grappolo d'uva secca.
"tieni, acchiappa questo e mangia, alla mia salute ". Le ero grato.
Mi mancava, però, il coraggio di farle una domanda, per il timore
d'infastidirla o per la riconoscenza che le dovevo. Avrei voluto mi rivelasse il
segreto di quel miscuglio di odori che provenivano dalla stanzetta e che mi
deliziavano tanto. Io la ritenevo una maga, in grado di creare ad arte quell'essenza
forte ed appagante. Mi resi conto, in seguito, che la realtà era diversa. La
raccolta delle provviste in un luogo angusto causava l'effetto
"strabiliante". Per fortuna che lei non sospettò mai di quei
pregiudizi. Non voleva sentire parlare di magia. Cacciava via con la scopa le
zingarelle che volevano leggerle la mano.
Il
pane scuro, quello che oggi viene definito integrale, era per me un elemento
primario, sempre presente in tutti i pasti. A casa ne mangiavo in quantità.
Dalle donne anziane, appostate sui gradini all'ingresso delle loro abitazioni,
ricevevo il resto. M'infilavano, furtivamente, nelle tasche tozzi di pane
raffermo. "Cresci santo", mi auguravano.
Provavo
per loro grande tenerezza, pur sapendo bene che santo non sarei mai diventato.
Spesso mi preoccupavo per i santi veri. Poverini, loro non meritavano
accostamenti simili.
In
questi giorni ho pensato, quasi costretto dalle notizie dei giornali, alla dieta
mediterranea, alle fibre, al pane integrale. A questo punto mi viene da dire che
a Nusco siamo stati i precursori di tale dieta! Una grande rivincita. Noi che
credevamo di fare una dieta "povera"! Eccoci smentiti. Eravamo i
primi, i migliori. Almeno nell'alimentazione. Con la nostra dieta carica di
fibre siamo stati capaci di tirarci dietro tutto il mondo occidentale.
Questo
non me lo sarei mai aspettato: il pane scuro di Nusco, che, a dire il vero, era
duro da ingoiare, e ci voleva del coraggio, elevato a simbolo della società
moderna, osannato da tutti i luminari della scienza dell'alimentazione.
Bella
contraddizione: tu credi di essere povero ma gli altri ti dicono che sei ricco.
Si è capovolto il mondo, peccato di non essermene accorto!
I
nostri avi qualcosa di buono avevano fatto. Spinti dalla necessità, avevano
pensato di far ricorso a tutto ciò che la natura offriva (anche la crusca),
costringendo, inconsapevolmente, questa società supertecnologica a seguirli,
anzi ad inseguirli. Bravi!
Sono
alla disperata ricerca di prodotti che contengano fibre. Non sarà per il
desiderio inconscio di voler ritornare alle scorribande nei vicoli di Nusco? Al
tempo sereno e giulivo dell'età più bella e più avventata? Chissà!
Varese,
Febbraio 2000
Angelo Pepe
da
IL NUOVO SUD Anno XX n.3 (82) Maggio-Luglio 2000