Una coraggiosa passione,
travolgente e sensuale
Maria
e Giovanni sono nomi fittizi, per rendere non. identificabili i protagonisti di
questa storia d'amore intenso.
I novecento metri di Nusco consentivano di respirare, ma la calura di luglio era
inesorabile. Perciò la squadra di mietitori si era concessa una tregua
pomeridiana, una lunga sosta all'ombra di robusti salici o di un gruppetto
isolato di piccole querce. Fino allora il lavoro filava bene e i covoni di grano
crescevano a vista. Mancavano Giovanni e Maria che si erano isolati dietro una
macchia di rovi e, con la scusa di raccogliere le more ormai mature, avevano
fatto l'amore. Un amore sbrigativo, di sfuggita, con la paura addosso. C'erano
abituati, inseguiti sempre dagli sguardi degli altri, costretti alle situazioni
le più impensate. Era come fuggire davanti ad un gruppo di inseguitori e farla
franca, respirare per un istante e ritornare in se stesso.
A volte osavano qualcosina di più, quasi per far sapere a tutti che si amavano
davvero. Una passione violenta li aveva invasi; immersi in una vera esaltazione
dei sensi, non si accorgevano dello scandalo che provocavano.
Giovanni aveva perso letteralmente la testa, la seguiva dappertutto, ne
individuava le tracce, quasi quasi sentiva i suoi odori.
E lei, Maria, era nata per incantare gli uomini. Non tanto alta; il corpo ben
tondo; i capelli lunghissimi; morettina; le labbra carnose; le movenze felpate e
invitanti. Una Sabrina Ferilli di allora, con le dovute differenze di stile e di
eleganza. Forse è esagerato ma su questo giudizio pesa il fatto che a Nusco era
additata come una mangiauomini, una che si faceva desiderare. In un piccolo
paese una donna sola, vedova, non poteva destare l'attenzione e le critiche.
Aveva sui trentacinque anni e Giovanni uno o due in meno. Il guaio è che lui
aveva già moglie e figli. E le leggi di allora erano molto punitive verso gli
"adulteri".
I due si cercavano affannosamente, tre o quattro volte al giorno, si trovavano
ovunque, nei vicoli, nelle campagne. Sebbene segnalati a vista non si curavano
gran che degli altri.
Si fece tardi. Il sole era calato da un pezzo. Sotto le "coste" di
Nusco, una falda molto ripida, rocciosa e coperta di vegetazione, il campo era
ormai sgombro, la mietitura finita. I due amanti indugiavano accanto ad una
sorgente d'acqua, soli, ultimi a rientrare. Lei si chinò per riempire una
borraccia e mostrò le gambe.Giovanni non resistette, la invitò a sedersi nelle
sue braccia. Si amarono ancora a lungo, con il solito furore, in un paesaggio
idilliaco, mentre il crepuscolo si faceva incombente.
A Nusco le serate di luglio, a quei tempi, erano molto brevi, nel senso che la
maggior parte della gente, sfinita com'era dal lavoro svolto, andava a letto
presto. Prendeva una boccata d'aria sdraiata sui gradini delle proprie case,
sfruttando il leggero soffio di vento che passava tra i violetti. Il preludio
del ritiro.
Giovanni, invece, doveva fare un'ultima visitina a Maria, per chiudere
degnamente la serata. Era questa la loro giornata-tipo. E durò per parecchi
anni.
Un giorno Maria, ormai avanti negli anni, confidava ad una sua amica: "La
storia con Giovanni si è consumata come una "candela", gli sono
venute a mancare le forze, poverino. Sono sicura di piacergli ancora, ma non ce
la fa più! Gli vogliono bene lo stesso. Io gli avevo "sottratto
l'anima", per questo non poteva proprio fare a meno di me!"
Era tutto vero. Aveva amato Giovanni con tutte le sue forze, aveva sfidato
"il pubblico" che le era ostile, era passata per una ladra di uomini.
A tanto può portare l'amore di una donna, la sua dedizione! Giovanni, da parte
sua, esaurite "le energie", lasciò che la preda gli sfuggisse senza
porsi domande complicate, affidandosi solo all'istinto, lasciando che la natura
facesse il suo corso, come sempre. Per lui era stato vitale il corpo di Maria,
le sue forme rotonde, il suo viso dolce. A lui era servito quel tipo di donna
che non diceva mai di no. Aveva vissuto con lei gli anni più struggenti della
sua vita.
Uno d'altri tempi Giovanni. E anche lei donna d'altri tempi.
Varese,
luglio 2001
Angelo Pepe
da IL NUOVO SUD Anno XXI n.3 (88) Luglio - Ottobre 2001