NOTE STORICHE SUGLI ERETICI VALDESI

 

Vincenzo Napolillo

 

Filippo De Boni dichiarava, nel libretto intitolato L’inquisizione e i calabro-valdesi, che San Sisto nel 1545 contava, secondo un registro ufficiale, 1450 fuochi, vale a dire una popolazione di circa 6000 anime, «che fu tutta sterminata».

Lo storico Luigi Amabile precisò, invece, che nella suddetta data i fuochi di San Sisto (ossia i nuclei familiari soggetti a tassazione, composti da quattro o sei componenti, definiti anime) erano appena 189 e che i fuochi di Guardia Fiscalda (oggi Guardia Piemontese) erano 160. Evidentemente De Boni, nella sua enorme confusione, attribuì a San Sisto il numero di 6000 valdesi, accertato in Venezia dal ministro Pierre Gilles nella sua visita alla città lagunare. È da notare che la numerazione dei fuochi delle due Terre cosentine non era difficile a farsi poiché si contavano i comignoli che sporgevano sopra i tetti. È documentato, poi, che durante la feroce persecuzione dell’eresia valdese-calvinista in Calabria, San Sisto, il 3 giugno 1561, fu presa e furono date alle fiamme 54 case e che due giorni dopo (5 giugno 1561) furono incendiate le 76 case di Guardia. Sotto i tetti di 130 case potevano abitare seimila anime?

Carlo Nardi, nelle Notizie di Montalto di Calabria, riporta la lettera del 12 giugno 1562, nella quale Ludovico d’Appiano, testimone oculare, riferiva che gli inquisitori avevano fatto l’esecutione (dal latino excutere, analizzare) ossia avevano scrutato duemila «anime» e che furono scannati 86 eretici a Montalto (Uffugo), nel piano davanti la chiesa di San Francesco di Paola.

Il papa Pio IV, preoccupato di fare osservare i decreti del Concilio di Trento, affidò a Gaspare del Fosso, arcivescovo di Reggio Calabria, il compito di pacificazione. Gaspare del Fosso si mise all’opera e dichiarava, nella lettera del 3 agosto 1561, che «la moltitudine» di San Sisto aveva abiurato, era stata assolta dalla scomunica e liberata dal carcere, e che gli eretici di Guardia, a persuasione del loro barone Salvatore Spinelli, avevano deposto le armi nelle mani della Regia Corte.

Orbene, qualunque sia stato il triste bilancio dei valdesi uccisi per i loro «maledetti errori» (come li definiva il cosmografo Giovanni Lorenzo D’Anania), l’azione dell’inquisizione è da considerarsi riprovevole ed efferata.

 

[ VINCENZO NAPOLILLO, I Valdesi e l’Inquisizione. Nuova ricerca storica, Cosenza, Edizioni Nuova Santelli, 2016 ]